CASO “LA SAPIENZA” N.2

(Dopo la corposa serie di commenti, pro e contro il brano da me postato, ma improntati tutti
alla massima correttezza della quale devo dare atto)


 Sapete cosa c'è di buono nel fatto che io ho scritto e voi avete risposto?

 Innanzitutto, contrariamente a quanto avviene per la quasi totalità dei così detti organi d'informazione, l'edizione del mio modesto brano non è costata una mazza ai contribuenti. Inoltre io ho detto la mia avendo modo di recepire, in tempo reale, le opinioni di quanti (apprezzabilmente) hanno ritenuto di esternare sul testo il proprio pensiero.
 Rilevo, salvo possibili errori e fraintendimenti, che i più tra coloro che hanno risposto restano equamente ripartiti tra quanti propendono per la santificazione del papa e coloro che si dicono stufi di trovarselo davanti ad ogni occasione.
 Va da sé che i primi possano avermi scambiato per anticlericale doc, fraintendendo completamente il senso del mio discorso. Io non do affatto ragione alle argomentazioni con cui alcuni docenti si sono opposti alla visita del Santo Padre. Aggiungerò che la puntualizzazione avanzata da Ruini sul fatto che la scienza risulterebbe arida senza l'afflato della spiritualità mi trova perfettamente d'accordo. Io sono però dalla parte dei ragazzi che si sono opposti alla visita. Penso che, al di là delle discutibili forme con le quali hanno espresso il loro dissenso, abbia giocato un ruolo essenziale sul loro orientamento l'impossibilità del dialogo implicita al protocollo dell'inaugurazione. Diciamo pure che il papa è rimasto vittima di quell'etichetta della quale nulla esclude che la Chiesa sia impossibilitata a fare a meno.
 Non mi riconosco nel novero di quanti vorrebbero una Chiesa muta su disagi e costumi della società; ritenendo per contro giusto, utile ed opportuno che possa liberamente esporre il suo pensiero nei modi e nelle sedi appropriati. E' in ballo una questione di ruoli e non di dogma.
 Due millenni di corposa presenza nella vicende storiche di più di un continente non si spiegano col solo magistero della fede e con la pratica delle opere pie. Nel bene e nel male questa importante struttura ha dovuto fare i conti con le vicende politiche dell'umanità acquisendone necessariamente determinati connotati che la rendono una forza non solo e non esclusivamente spirituale.
 Inoltre, com'è giusto che sia, la Chiesa si configura sotto forma di struttura a vocazione universale. Non può, né deve, di conseguenza, tener conto delle aspettative di un singolo paese. Ed è proprio qui che emergono quelle sacrosante ragioni che hanno sempre spinto governi non privi di credibilità a mantenere ben ferma la distinzione tra Stato e Chiesa. Non è certo il caso dell'Italia dei nostri giorni, dove una casta politica allo sbando (e con la magistratura alle calcagna) venderebbe l'anima a chicchessia pur di assicurarsi i voti per qualche altra legislatura.
 Nasce da quest'ultima circostanza l'inaccettabile mistificazione diretta a configurare pericoli da “Chiese del silenzio” quando è invece vero l'esatto contrario.
 E' dell'altro ieri un post di Grillo (La Casta dei giornali / La Chiesa) in cui si dice:
 “Più di 100 giornali o periodici cattolici sono finanziati dallo Stato. Ma non erano sufficienti l'otto per mille e l'esenzione degli immobili religiosi dall'ICI? Le nostre tasse contribuiscono a "La Voce dei Berici della Diocesi di Vicenza" e a "La Valsusa della Stampa Diocesana Segusina".Imperdibili per i fedeli più devoti.”
 C'è riferimento al volume LA CASTA DEI GIORNALI di Beppe Lopez, ed. Nuovi Equilibri che dichiara, nelle specifico:
 QUARTA CATEGORIA: in pratica, monopolio di testate facenti capo, direttamente o indirettamente, alla Chiesa cattolica (diocesi, arcidiocesi, ordini religiosi, conventi, associazioni e opere pie, confraternite, ecc.). Fra i 106 «periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali ovvero da società il cui capitale sociale sia detenuto da cooperative, fondazioni o enti morali» si contavano sulla punta delle dita di una sola mano quelli editi da organizzazioni non cattoliche come l’Istituto Buddista e non religiose come l’ANMIL (Associazione dei Mutilati e Invalidi del Lavoro) e la Federazione Orticoltori.
 A primeggiare era la Società San Paolo. Fondata nel 1914 da don Giacomo Alberione, opera in trenta nazioni «e in molteplici campi di attività: editoria libraria, giornalistica, cinematografica, musicale, televisiva, radiofonica, audiovisiva, multimediale, telematica; centri di studio, ricerca, formazione, animazione». I Paolini sono impegnati programmaticamente e sistematicamente «nella diffusione del messaggio cristiano utilizzando i mezzi che la tecnologia mette a disposizione dell’uomo di oggi per comunicare». E la Periodici San Paolo, in particolare, riusciva a utilizzare puntualmente anche i contributi messi a disposizione dallo Stato italiano, assommando con sei testate una cifra superiore al miliardo delle vecchie lire: Famiglia Cristiana (210 mila euro), Il Giornalino (210 mila), Jesus (49 mila), Vita Pastorale (34 mila), Famiglia Oggi (5 mila) e Letture (5 mila).
 A parte la San Paolo, la gran parte delle testate di questa categoria si accontentavano di contribuzioni sotto i 50 mila euro: la più bassa in assoluto, meno di duemila euro, quella assicurata alla Impresa Tecnoeditoriale Lombarda per la Rivista Diocesana Milanese. Solo quindici riviste riuscivano ad aggiudicarsi un aiuto pubblico compreso fra i 50 mila e i 100 mila euro: L’amico del Popolo (102 mila), Città Nuova della Pia Associazione Maschile opera di Maria (94 mila), Toscana Oggi (89 mila), La Vita del Popolo dell’Opera San Pio X (82 mila), Corriere di Saluzzo (80 mila), Verona Fedele (74 mila), Il Popolo dell’Opera Odorico da Pordenone (65 mila), La Vita Cattolica (64 mila), L’Azione della Diakonia Ecclesiale (63 mila), La Difesa del Popolo (61 mila), La Voce dei Berici della Diocesi di Vicenza (57 mila), Adista «fatti, notizie, avvenimenti su mondo cattolico e realtà religiose» (56 mila), La Voce del Popolo «settimanale di informazione della cultura cattolica di Brescia. Documenti e informazioni sulla Diocesi e sulla Curia Vescovile» (56 mila), Il Nuovo Rinascimento dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (52 mila) e La Valsusa della Stampa Diocesana Segusina (51 mila).
Nel 2004 queste testate passeranno da 106 a 115, per una contribuzione complessiva di 3 milioni 674 mila."

 Sia ben chiaro che, in fatto di finanziamenti, le poppe dello Stato sono più gonfie delle mucche alla mungitura. Infatti ce n'è per tutti (destra, centro, centro-sinitra, ultradestra ed ultrasinistra), compreso IL FOGLIO di Giuliano Ferrara che qualcuno, controbattendo al mio post, mi ha caldamente raccomandato di leggere. Infatti, in un capitolo del corposo volume già citato figura la voce “SOLDI PUBBLICI INFORAZIONE PRIVATA” dove appuriamo quanto segue:

 “ Ma quanti sanno che lo Stato finanzia il Corriere della Sera, rimpolpando gli utili degli azionisti della RCS con elargizioni calcolate, per un solo anno, in 23 milioni di euro?
 E come commentare il fatto che gli italiani, tutti gli italiani, lavoratori e imprenditori, laici e cattolici, piemontesi e siciliani – oberati, tutti insieme e individualmente, dal più alto debito pubblico dell’Occidente (che nel 2006 ha sfondato il tetto dei 1.600 miliardi di euro) e da interessi sul debito colossali (ogni anno il 6% del PIL) – siano costretti a finanziare, fra gli altri il giornale della Confindustria con più di 19 milioni di euro l’anno, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana con più di 10 e il quotidiano della Fiat con 7 milioni di euro?
La Mondadori, notoriamente, non ha un quotidiano. Si accontenta, diciamo così, di fare la parte del leone in edicola con i periodici e in libreria con i libri. Come la prendereste se vi dicessero che, solo sotto forma di credito di imposta sulle spese sostenute per l’acquisto della carta in un anno, l’azienda di Silvio Berlusconi è stata da noi sostenuta con un contributo di 10 milioni di euro? E che in un solo anno risulta aver avuto dallo Stato uno sconto, per le spedizioni postali, di quasi 19 milioni di euro?
Tutti conoscono Giuliano Ferrara e il suo Foglio, Vittorio Feltri e il suo Libero, Antonio Polito (poi sostituito da Paolo Franchi) e il suo Riformista. Pochi sanno che costoro possono fornire il loro esuberante apporto alla vita politica e istituzionale del Paese grazia al nostro diretto apporto economico. Insomma ci costano complessivamente più di 12 milioni di euro.”
 
 
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