(Legge Finanziaria) A PROPOSITO DI TASSE
Un recente intervento di Billè sulla Finanziaria richiama alla memoria quella vignetta de "L’Asino" di Podrecca e Galantara con l’immagine del microbicchiere offerto dalle riforme giolittiane alle grandi aspettative di massa che connotavano i primi del ‘900.
"Quando i soldi non ci sono", dice il presidente di Confcommercio, "non si possono inventare"; quindi si chiede: "perché si sono volute illudere milioni di famiglie discutendo del sesso degli angeli?".
Osservazione sacrosanta. Bastasse una legge per mettere a posto il dissesto finanziario, se ne potrebbe approvare una che sancisse per tutti il diritto a beneficiare di pranzo, colazione e cena, prescindendo dall’esistenza o meno di un’attività produttiva per i destinatari della norma.
Ed è chiaro che nessun parlamentare se la sentirebbe di rischiare a cuor leggero la camicia di forza andando a presentare un qualche analogo disegno di legge.
Se tuttavia provassimo a capovolgere i termini della questione finiremmo per scoprire che tale asserto è assai meno lapalissiano di quel che, a prima vista, potrebbe sembrare.
Per convincersene basterebbe rileggere l’esordio de "L’uomo dai quaranta scudi"; un gustoso lavoretto di Voltaire (peraltro tanto breve di consentirne la consultazione anche in tempi di fiera refrattarietà alla consultazione dei classici).
Per dirla alla moderna vi si scoprirebbero le peripezie d’un coltivatore diretto incazzato a morte perché colpito da una gabella che non è in grado di pagare. L’esattore, confortato dalle teorie fisiocratiche allora tanto di moda, cerca di convincerlo col fatto che è indispensabile finanziare le spese di guerra. L’altro non molla e, trasformatosi in voce narrante, rivela che "la guerra la fecero come poterono" (privati, vale a dire, del contributo dei suoi quaranta scudi – n.d.r.).
Il testo è di metà ‘700, ma la sua attualità è tale da rasentare la cronaca.
In un periodo caratterizzato dal fatto che metà della popolazione passa la giornata con una mano al portafoglio e l’altra intenta a grattarsi la testa non si può fare a meno di chiedersi come faranno a pagare quelli che i soldi per le tasse proprio non ce li hanno.
La colpa, se vogliamo, è tutta di coloro che potremmo definire "moderni fisiocratici per necessità"; eredi, in qualche modo, di coloro che, con tutto che c’era l’Illuminismo, ragionavano presso a poco così : "poiché non c’è ricchezza che non provenga dalla terra, lasciamo fottere fin dove possibile tutte le altre categorie e concentriamoci nel dare addosso ai lavoratori della campagna".
Accade pertanto (nemmeno si trattasse d’un ricorso storico di vichiana fattura) che, mentre imprese così dette "sommerse" tirano al pareggio con le ditte in chiusura da crisi, non si riesce ad astenersi dall’incrudelire sui disgraziati possessori d’un immobile o dell’utilitaria. Entrambi non producono reddito; stentano, anzi, a sobbarcarsene i rispettivi mantenimenti, mentre sono visti dall’erario come un’ammucchiata di polli impossibilitati a fuoruscire dal recinto costituito, nella fattispecie, dall’oculata registrazione degli omonimi "beni".
Proviamo a metterci nei panni d’un pensionato o di qualche famiglia monoreddito, tanto fortunati da vivere in casa propria. Hanno appena pagato l’ennesimo adeguamento imposto allo stabile dalla più recente normativa UE, un qualche rifacimento condominiale, unito alla maggiorazione delle così dette spese ordinarie rinnovabili, ha già allontanato la speranza di riuscire a pagare il gasolio del riscaldamento. Me lo dite come c. faranno a pagare ICI ed Irpef?
E i pendolari ce li siamo scordati? Ce ne sono che, abbarbicati agli stipendi di fame d’un precariato che continua a cambiare di nome (senza mai mutare nella sostanza), si sobbarcano lunghi spostamenti che mettono a dura prova la longevità del proprio catorcio. Aspetti, tutti, che non li esimeranno dal pagare assicurazioni, bolli, carburante e revisioni, per non parlare di quei balzelli cui sarà giocoforza sottostare non appena avranno posato il culo in un qualsiasi punto d’una qualsiasi città.
Grazie a Dio siamo ormai tutti europei, ma noi lo risultiamo in maniera maggiore. Non può essere diversamente dal momento che restiamo unici nel sottrarci allo splitting.
Gli altri paesi considerano l’imponibile dopo averlo ripartito sul numero dei componenti il nucleo familiare. Da questo orecchio il fisco non ci sente. Non è il caso di disperare; c’è sempre qualcuno che comincia a farsi carico dell’esistenza delle realtà familiari. Per l’esattezza, quelli della raccolta rifiuti che, con encomiabile solerzia, tirano a calibrare sulla consistenza dei nuclei il calcolo per l’importo da appioppare in bolletta.