A GONFIE VELE SULLE ROTTE DELL’ANALFABETISMO DI MASSA

Editoria oggi – Superdotati - Comuni mortali e Lacrime di coccodrillo

 

Va male! Tanto per cambiare, anche sul fronte della lettura.

Lo si deduce, a scanso di dubbi, dal recente convegno di Bari sulla promozione (si fa per dire ) del libro, dove, lacerandosi le vesti e strappandosi i capelli dalla disperazione, i convenuti hanno preso atto dei dati del Word Economic Forum, grazie ai quali si apprende che i nostri 2 milioni di analfabeti doc hanno molte buone ragioni per non patire eccessivamente della loro menomazione. Non sono infatti tanto diversi dai 15 milioni che stentano ad andare oltre l’apposizione della firma. Una situazione da far inorgoglire l’analoga entità composta da quanti, costretti a confrontarsi col foglietto delle istruzioni di un utensile acquistato alle ferramenta, reagiscono di solito come farebbe Dracula alla vista del crocefisso.

Diciamo, per farla breve, che gli abituali acquirenti di libri non superano il 6% dei terricoli nostrani. Dovessimo accanirci a spaccare in quattro il capello di quest’ultimo dato ne verrebbero fuori delle belle. Ma è giusto andare a cavillare per estrapolare da questa nobile elite gli appassionati delle ricette di Suor Germana, i sozzoni delle pornopubblicazioni e gli irriducibili del bricolage?

Dovremmo chiederci, piuttosto, dov’è che corrono ad affilare i propri ferri del mestiere le legioni di manager che pullulano in ogni centro grande medio e piccolo del potere.

Vi starete chiedendo come c. facciano a sopravvivere le migliaia di case editrici che, a sentir loro, "operano" nel paese. E se per caso non finiscano col sentirsi spaesati al pari di chi si mettesse a fare il barbiere in mezzo ad una tribù di pellirosse. Alcuni si salvano grazie alla così detta editoria scolastica; quella che riempie gli zaini di scolari e studenti esponendoli a perenne rischio di lussazioni, altri, abbandonato il miraggio d’un best-seller che in Italia sarebbe più aleatorio del mitico Eldorado, s’arrabattano subappaltando i diritti delle editrici straniere (leggi: anglosassoni). I più disperati s’attaccano alla pubblicistica del paranormale ed altri, refrattari a chiuder bottega, si riducono a fare incetta di babbei usciti freschi freschi dalle c.d. scuole di scrittura.

Comunque, diciamolo francamente, non è che se la passino bene.

C’è, innanzitutto, una maledetta questione di prezzi e di costi.

Difficile cuccare un libro sulle 200 pagine che costi meno di 15 euro. Impaginato secondo la tipica ricetta per la produzione della grappa; tolta la testa e scartata la coda, è difficile che te ne restino più di 130/150. Oh! Fatti quattro conti, molti trovano poco conveniente scucire l’equivalente di quasi 30mila vecchie lirette per un paio d’ore di lettura.

Il guaio è che sul prezzo di copertina finisce per scaricarsi tutta una serie di variabili assolutamente indipendenti dall’"avidità" dello scrittore. Si tratta, in definitiva d’un osso soggetto al "rosicchiamento" di molti operatori. Un 40% se lo pappa la distribuzione (che tira a prescindere dall’andamento delle vendite); al libraio vogliamo darglielo un 30%? Aggiungiamoci puri i costi tipografici, quelli di stoccaggio, quelli indispensabili al lancio pubblicitario e risulterà evidente come, per non dichiarare fallimento, l’editore non potrà fare a meno di rivalersi sull’autore; vale a dire sull’invidiato appartenente alla fortunata categoria dei

 

SUPERDOTATI

Un italiano intenzionato a pubblicare qualcosa dovrà bussare alla porta di chissà quanti editori, sobbarcandosi, nell’ipotesi di benevolo accoglimento (circostanza annualmente accordata ad un solo aspirante su 100mila), i tempi notoriamente biblici richiesti dalla pubblicazione (con intuibili conseguenze sull’attualità dell’opera). Potrà intascare, quest’è certo, il 7-8 per cento del prezzo di copertina. Chiaro, comunque, che, in presenza di titoli (e sono la stragrande maggioranza) destinati a non vendere un tubo, il piazzamento di cinquemila copie sarebbe un successo capace di dargli alla testa. Poniamo, ora, che il volume vada in distribuzione sui 15 euro, ne ricaverebbe un gruzzolo attorno ai 5000, col quale avrà poco da scialare, tolte le tasse e considerata l’impossibilità di detrarsi le spese (è appena il caso di ricordare che per il fisco, più che ricercatore, l’autore rappresenta, a tutti gli effetti, un "artista" che opera per semplice ispirazione; un’autentica via di mezzo tra un rabdomante ed un sensitivo della "scrittura automatica").

 

E gli altri 99.999? C’è bisogno che si rassegnino a razzolare nel recinto dei

 

COMUNI MORTALI

 

Tutta gente che c’è da sperare metta giudizio; almeno quanto basta per non incappare in tagliole capaci di riservare sorprese del tutto analoghe a quelle subite dal povero Pinocchio alle prese col Gatto e la Volpe, rappresentati, nella fattispecie, da un intero universo di sedicenti "agenti letterari" e pseudoeditori indaffaratissimi a risucchiarsi dagli sventurati neofiti fino all’ultimo centesimo (tutta roba da "Mi manda Rai 3).

Il meno che possa capitare è impelagarsi in agenzie specializzate nel rifilare agli incauti un CD col quale dovranno impaginarsi l’intero manoscritto prima di effettuarne l’ordinazione in un determinato numero di copie (ovviamente a pagamento). Una trovata che è l’esatto contrario del celebre motto della Kodak; "Voi schiacciate il bottone e noi faremo il resto".

C’è stato chi, dopo aver sperimentato sulla propria pelle l’impossibilità di piazzare copie profumatamente pagate in anticipo, ha pensato di salvarsi ricorrendo al prodotto di nicchia.

Un esempio?

Poniamo che voglia improvvisarmi storiografo degli eventi di Rocannuccia. Il comune non supera le 800 anime. Chi volete che vada ad accuparsene? Può darsi che facendo tirare 100 copie d’un mio lavoro, tipo "Roccacannuccia dall’alto Medioevo alla seconda Guerra Mindiale" abbia buone speranze di piazzarle ad un prezzo che mi ripaghi dei costi. L’espediente, tutt’altro che impossibile fino al più recente passato, è ora impedito da una risoluzione (la 115) dell’Agenzia delle entrate, che mi trasformerebbe ipso facto in titolare di impresa commerciale, con tutto quello che ne consegue; appioppandomi un trattamento molto più sfavorevole di quello praticato per quanti vanno a vendersi cavoli e cime di rame prodotti nel proprio terreno.

 

E veniamo pure alle

LACRIME DI COCCODRILLO

 

Esternazioni in copioso crescendo che accompagno e, di norma, concludono ogni pubblico convegno sul pietoso stato della lettura in Italia.

Potrei anche sbagliarmi, ma ho proprio l’impressione che siffatte "adunate" abbiano più d’un punto in comune con quei famigerati "Convegni di medicina pediatrica" (625 nel solo 2004), dov’è possibile spararle una più grossa dell’altra, tanto, com’è fin troppo notorio, i partecipanti risultano in tutt’altre faccende affaccendati.

All’estero hanno già capito da un pezzo che, al giorno d’oggi, il libro, da media privilegiato che era, s’è trasformato nel semplice tassello d’uno sconfinato puzzle. Questo perché crescono a vista d’occhio le aspettative di una sua trasformazione in prodotto multimediale accompagnato dai requisiti dell’ipertestualità e dell’interattività. Ergo, spuntano un po’ dovunque lontano dai nostri confini centri capacissimi di sfornare libri "on demande" che hanno il pregio decisamente non trascurabile del forte abbattimento di costi e prezzi.

Da noi, per contro, s’insiste a procedere come se si fosse ancora in pieno secolo XIX, editando opere congegnate in maniera tale che ne scoraggerebbero la consultazione finanche ai bibliofili delle passate generazioni.

Come non bastasse, c’è anche da mettere in conto la brutta faccenda dei contenuti.

Resto fermamente convinto che l’appetibilità d’una qualsiasi opera dipenda essenzialmente dalla possibilità data in concreto al lettore di riconoscersi in essa.

Se guardiamo alle trasformazioni che, specie in questi ultimi anni, stanno caratterizzando la società italiana, non potremo fare a meno di notare il pericoloso fenomeno legato alla progressiva scomparsa della piccola borghesia; di quell’area, vale a dire, che costituiva, da sempre, un ponte di dialogo tra le varie aree sociali.

Riconosciamo pure che, ormai, ad una classe di neo-superarricchiti (sbracatamente esterofili) si contrappone solo una vasta moltitudine di gente che vive alla giornata ed alla quale fotte assai poco andarsi a leggere i resoconti di paturnie che sono quanto di più lontano possa contribuire alla comprensione delle proprie problematiche.

 

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