Fine della monarchia Il 25 luglio a Coblenza, su suggerimento di Luigi XVI e Maria Antonietta, venne redatto da Jacques Mallet du Pan, Jérôme-Joseph Geoffroy de Limon e Jean-Joachim Pellenc un proclama destinato ai parigini. Attribuito al comandante dell'esercito austro-prussiano, Carlo Guglielmo Ferdinando di Brunswick-Wolfenbüttel, il documento minacciava sanzioni gravi in caso di attentato all'incolumità del sovrano e della famiglia reale (Manifesto di Brunswick). Il 1º agosto il manifesto venne affisso sui muri della città di Parigi ma, lontano dallo spaventare i cittadini, contribuì ad aumentare nella popolazione il sentimento di unione nazionale e l'odio nei confronti della monarchia. Per molti fu la prova definitiva dell'esistenza di un'alleanza tra il re e i nemici alleati che indusse i rivoluzionari a pretendere dall'Assemblea Legislativa la destituzione di Luigi XVI, ma la richiesta venne rifiutata. La notte del 9 agosto si formò un corteo di insorti davanti al Municipio di Parigi. Al loro fianco si schierarono le truppe di volontari, provenienti principalmente dalla Provenza e dalla Bretagna, che da poco avevano formato la Guardia Nazionale provinciale. Complessivamente si riunirono circa 20.000 dimostranti fra uomini, donne, operai, borghesi, militari, civili, parigini e provinciali. Questi, armati di fucili e guidati da militanti sanculotti (uomini del popolo di idee rivoluzionarie radicali) delle varie sezioni di Parigi, erano talmente organizzati da far capire che la sollevazione era stata premeditata e preparata, evidenziando la maturità raggiunta dal movimento popolare. I principali organizzatori di questa giornata rivoluzionaria furono Georges Jacques Danton, Robespierre, Jean-Paul Marat,Camille Desmoulins e Fabre d'Églantine. Il corteo fece irruzione nel Municipio obbligando il consiglio comunale in carica a destituirsi; quest'ultimo venne sostituito da un consiglio rivoluzionario, la Comune Insurrezionale. Successivamente la folla si diresse verso il Palazzo delle Tuileries, giungendo a destinazione alle prime luci dell'alba del 10 agosto. La residenza reale era difesa principalmente dalla Guardia svizzera e da alcuni nobili, i quali portarono Luigi XVI e la sua famiglia nella Sala del Maneggio (sede dell'Assemblea Legislativa) con l'intento di mettere i reali sotto la protezione dell'Assemblea, riunita in seduta straordinaria. Alle otto del mattino gli insorti decisero di penetrare nel Palazzo; la Guardia svizzera reagì, provocando centinaia di morti, ma i manifestanti continuarono a giungere numerosi da ogni parte (soprattutto da Faubourg Saint-Antoine). Il re, seguendo il consiglio dei deputati che volevano evitare un bagno di sangue, ordinò al comandante delle sue truppe di ritirarsi nella caserma. I soldati, eseguendo l'ordine appena ricevuto, vennero sorpresi e massacrati dalla folla. Al termine degli scontri si contarono circa 350 morti fra gli insorti e circa 800 fra i monarchici, di cui 600 Guardie svizzere e 200 nobili. Con la presa del Palazzo delle Tuileries il potere passò di fatto nelle mani della Comune Insurrezionale che immediatamente obbligò l'Assemblea Legislativa a dichiarare decaduta la monarchia e a convocare una nuova assemblea costituente (Convenzione Nazionale) che avrebbe avuto il compito di stilare una nuova Costituzione a carattere democratico ed egualitario. Luigi XVI, privato dei suoi poteri, venne rinchiuso insieme alla sua famiglia nella Prigione del Tempio in attesa di essere processato. La sera del 10 agosto, in seguito ad una seduta durata nove ore, l'Assemblea Legislativa designò per acclamazione un Consiglio Esecutivo provvisorio composto da sei ministri: Danton (Ministro della Giustizia) ,Gaspard Monge (Ministro della Marina), Pierre Henri Hélène Tondu (Ministro degli Esteri), Jean-Marie Roland de La Platière (Ministro degli Interni), Joseph Servan (Ministro della Difesa) e Étienne Clavière (Ministro delle Finanze). Segretario del Consiglio provvisorio fu nominato Grouvelle Philippe-Antoine.
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